Il CHIANTI : wine history

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Il Chianti non ha confini nettamente individuabili in base a criteri morfologici, geologici o climatici. Unico elemento unificante della regione è fin dal secolo XII la produzione di un vino di alta qualità, mentre il nome, derivato dall'etrusco Clante-i, si trova menzionato per la prima volta in documenti dell'VIII secolo per definire i territori dell'antica Lega, circoscrizione amministrativa comprendente gli odierni comuni di Radda, Gaiole e Castellina. A partire dal XIX secolo, la regione cominciò a estendersi verso la Val di Grave, le Valli della Pesa e dell'Arbia, territori anche questi produttori di vino molto pregevole. Il "Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti e della sua marca d'origine", che si costituì nel 1924, adottando come stemma il gallo nero in campo d'oro dell'antica Lega, ha delimitato in modo preciso la zona di produzione ufficialmente riconosciuta: essa si estende per 73.043 ettari, di cui 30.412 formano il Chianti Classico fiorentino, 42.631 quello senese. La regione, contrassegnata da cartelli col gallo nero, comprende per intero i comuni di Greve, Radda, Gaiole, Castellina; per circa l'80% quello di San Casciano Val di Pesa; per circa il 64% Castelnuovo Berardenga e per il 45% e il 35% rispettivamente i comuni di Tavarnelle Val di Pesa e Barberino Val d'Elsa. Una limitata superficie ricade nel comune di Poggibonsi.
I processi di vinificazione sono variati nel tempo, ma non in maniera sensibile: il Chianti risulta sa una sapiente miscela di uve bianche e rosse che bettino Ricasoli (1808-1890), fondatore della moderna ecologia chiantigiana, così codificava: 7/10 di Sangiovese che dà "corpo e colore", 2/10 di Canaiolo, che conferisce "profumo e morbidezza", 1/10 di Trebbiano e Malvasia, che dà "acidità lieve e finezza". A quel tempo le uve, colte e messe nel tino, venivano pigiate per tre-quattro giorni, finchè le vinacce non fossero ben calate. Dopo un periodo di riposo di una ventina di giorni, il vino veniva tolto dai tini e messo nelle botti dove gli si dava il "governo" (rifermentazione), aggiungendo piccole quantità di uva scelta e pulita, appassita sopra stuoie e cannicci. L'operazione aumentava il tono frizzante, il colore, il sapore asciutto e il grado alcolico. Importantissima la scelta del momento più adatto per la vendemmia per poter trarre iò massimo vantaggio dal calore del sole, evitando comunque le piogge autunnali o qualche gelata precoce.

Attualmente la superficie a vite copre circa 13.000 ettari, un po' più della metà a coltura specializzata, con una produzione annua di circa 300.000 ettolitri di vino (rispetto ai 200.000 del periodo precedente la prima guerra mondiale). L'unione tra vite e acero campestre (loppo), che da tempo immemorabile le faceva da sostegno, la proteggeva dalla calura estiva e assorbiva l'umidità in eccesso durante le piogge prolungate, appartiene ormai al passato e al filare loppato, ai bordi del campo, si sono sostiuiti solidi paletti in cemento, distanziati in filari geometrici che permettono la meccanizzazione della raccolta delle uve. La modernizzazione della coltura non ha tuttavia influito in senso negativo sulla produzione del vino che, aumentata in quantità, ha migliorato forse la sua qualità, grazie anche alla garanzia introdotta dall'obbligo della Denominazione di Origine Controllata (DOC).

Oggi sono riconosciuti come Chianti anche alcuni vini, sempre pregiati e DOC provenienti dai colli aretini, senesi, fiorentini, pisani, dal Montalbano e dalla Ruffina (appartenenti al Consorzio del Putto, fondato nel 1927), ma la dizione "classico", contrassegnata dall'emblema del gallo nero, compete solo al prodotto della regione chiantigiana vera e propria.

Altri vini della regione hanno acquistato un grandissimo prestigio e meritano la fitica di un viaggio per un assaggio sul posto, dalla famosa Vernaccia di San Gimignano, al Bianco Vergine della Valdichiana, al Vino Nobile di Montepulciano per finire con il famosissimo Brunello di Montalcino.

Sono passati i bei tempi in cui i fiaschi di vino si sovrapponevano a "file serrate sul carro snello", come scriveva l'Imberciadori, "... quasi a formare un'alta piramide di 600-800 fiaschi ... e quando i cavalli si muovevano pareva portassero in giro un monumento..." Il tipico fiasco, vestito di paglia, che dava alla tavola un tocco di colore irripetibile, troppo caro e inadatto al recupero, è sostituito dalle bottiglie di tipo bordolese e dalla "toscanella", inseribili facilmente nelle moderne linee di imbottigliamento ed etichettabili con le macchine.

The Chianti region does not have clearly distinguishable boundaries based on morfological, geographical or climatic criteria.  The only unifying element of the region is the production of a high quality wine since the twelfth century.  The name, which comes from the Etruscan Clante-i,  was mentioned for the first time in documents from the eighth century in defining the territories of the ancient Lega (League), the administrative district that included the current communities of Radda, Gaiole and Castellina.  In the nineteenth century the region spread towards the Val di Grave and the valleys of the Pesa and the Arbia, which were also producers of highly esteemed wines.  
The "Association for the defense of the wine typical to Chianti and its mark of origin", founded in 1924, adopted as its coat of arms a black rooster in a field of gold of the ancient Lega and precisely delimited the officially recognized area of production.  This area extends for 73,043 acres, of which 30,412 form the Florentine Chianti Classico and 42,631 the Sienese Chianti Classico.  The region, marked by signs bearing the black rooster, includes the entire communities of Greve, Radda, Gaiole, and Castellina, approximately 80% of San Casciano Val di Pesa, about 64% of Castelnuovo Berardenga and 45% and 35% of the communities of Tavarnelle Val di Pesa and Barberino Val d'Elsa, respectively.  A limited surface area lies in the community of Poggibonsi.
The wine-making process has changed over time, but not to a considerable extent. Chianti is the result of the following well-studied mixture of white and red grapes developed by Bettino Ricasoli (1808 - 1890), founder of the modern Chianti ecology:  7/10 Sangiovese, which adds "body and color", 2/10 Canaiolo, which gives "scent and  smoothness", and 1/10 Trebbiano and Malvasia, which provides "light acidity and sharpness".  In those times the grapes, first picked and put in a vat,  were pressed for three to four days until the skins had sunk to the bottom.  After a letting it settle for about 20 days, the wine was taken from the vats and put in barrels where the “governo” (fermentation) took place, adding small amounts of selected, cleaned grapes that were first left to wither over mats and laths.  This operation increased the sparkling qualities, the color, the dryness and the alcohol content.  It was very important to choose the right moment for the harvest in order to get the most of the heat of the sun while avoiding the autumn rains or an early freeze.
The surface area of the vineyards covers approximately 13,000 acres, a little more than half of which is used for specialized cultivation, with annual production of about 300,000 hectoliters of wine (compared to 200,000 during the period before World War I).  The combination of grape vines and maple trees that, for as far back as can be remembered, sustained the vines by protecting them from the summer heat and absorbing excessive humidity during prolonged rains, now belongs to the past.  It has been substituted with vines grown in rows and cement posts along the borders, geometrically distanced to permit the mechanization of grape picking.  The modernization of the cultivation process has not, however, negatively influenced wine production which, with the increase in quantity has also improved in quality thanks in part to the guarantee introduced by the obligation of Denominazione di Origine Controllata (DOC), or “Denomination of Origin Controlled”.  
Today some other valued, DOC wines that come from the hills of Arezzo, Siena, Florence and Pisa and from Montalbano and Ruffina (belonging to the Consorzio del Putto, founded in 1927) are also recognized as Chianti, but only the wine produced in the true Chianti region is entitled to the locution “Classico”, marked by the emblem of the black rooster.
Other wines of the region that have acquired a great amount of prestige and deserve a trip to taste them on the spot are the well known Vernaccia di San Gimignano, the Bianco Vergine della Valdichiana, the Vino Nobile di Montepulciana and last, but surely not least, the much renowned Brunello di Montalcino.
The beautiful times have passed in which the flasks of wine stacked on top of each other in “tightly-woven rows on a narrow cart,” as Imberciadori wrote, “… forming a pyramid of almost 600-800 flasks… and when the horses moved it seemed like they were carrying a monument…”  The typical flask, wrapped in hay, that added a little bit of unrepeatable color to the table but was too expensive and not easily salvageable, has been substituted by the Bordeaux-type bottle and by the “toscanella” (similar to the Bordeaux-type) which lend themselves better to the modern bottling lines and machine labeling.
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