Questa città è una delle città più artistiche d'Italia, con importanti e conosciuti monumenti, palazzi e piazze, tra questi: Piazza del Campo, una delle più affascinanti piazze medievali d'Italia.
I più antichi documenti d'arte che noi possediamo a Siena ci riportano tutti all'origine del comune, cioè al secolo XI.
Nulla di notevole è rimasto del periodo romano e medievale, L'architettura romanica senese è molto meno ricca di quella lucchese, pisana e fiorentina. Le opere più importanti che abbiamo di questo stile sono il corpo anteriore del Duomo e la Fonte d'Ovile (1262).
Originale e geniale è invece l'esplicitazione che ebbe lo stile gotico a Siena, dove fiorì più a lungo che nelle altre città italiane, irradiandosi nei territori circostanti. Le rovine della Chiesa di San Galgano attestano l'antichità dell'apparizione dell'arte gotica nel senese, Fra i principali monumenti gotici ricordiamo: il Duomo, a tre navate, iniziato nel XII secolo; interamente rivestito di marmo, con campanile romanico; particolarmente notevole è la facciata, una delle più importanti e suggestive creazioni architettoniche italiane con sculture di Giovanni Pisano; il Palazzo Pubblico, il più grandioso dei palazzi gotici toscani (costruito fra il 1297 e il 1342) con la Torre del Mangia, alta 102 m (1338-48), opera di Muccio e Francesco di Rinaldo (allievi di Arnolfo di Cambio, di cui è il progetto originario che questi non potette terminare perché venuto a mancare prematuramente), la cui parte superiore è opera di Agostino di Giovanni.
Sulla piazza antistante, detta piazza del Campo, a forma di conchiglia e sede del tradizionale Palio, sono la monumentale Fonte Gaia di Jacopo della Quercia, copia ottocentesca dell'originale, ora nel Palazzo Pubblico, e la Cappella di Piazza (1352-1376) compiuta da Giovanni di Cecco; altri monumenti senesi del periodo gotico sono i palazzi Tolomei, che è il più antico della città, Sansedoni, Saracini, Buonsignori, il Palazzo del Capitano di Giustizia; fra le chiese, San Francesco, San Domenico, Santa Maria dei Servi, il Battistero (con il fonte battesimale decorato da sculture di Jacopo della Quercia, Donatello, Ghiberti, Giovanni di Turino, Turino di Sano e Goro di Neroccio).
Molti furono gli architetti gotici senesi. Particolare ricordo meritano per l'irradiazione dell'arte senese Lorenzo Maitani, che diresse per oltre un decennio la costruzione del Duomo di Orvieto; Sozzo di Rustichino, che edificò il Duomo di Grosseto; Giovanni di Stefano, autore della Fontebranda.
Il Rinascimento s'affermò a Siena più lentamente e conservò elementi specificamente gotici. Monumento caratteristico dello stile senese di transizione è la graziosa Loggia della Mercanzia, opera di Sano di Matteo (1417-28). Artisti di Firenze (ricorderemo solo Bernardo Rossellino e Giuliano da Maiano) lavorarono in Siena; il primo alla costruzione di Palazzo Piccolomini, il secondo, di Palazzo Spannocchi; ma anche nel periodo del Rinascimento Siena fu patria di grandi architetti che lavorarono fuori della città natale e contribuirono allo sviluppo del nuovo stile. Ricordiamo Francesco di Giorgio Martini, che fu uno dei maggiori architetti del suo tempo; Antonio Federighi, autore delle Loggie del Papa; Giacomo Cozzarelli di Bartolomeo di Marco e, il più grande di tutti, Baldassarre Peruzzi, autore del Palazzo Pollini, che lavorò soprattutto a Roma.
Tra le opere architettoniche più notevoli del Cinquecento senese ricorderemo: la Chiesa di San Martino (1537), opera di Pelori e la Chiesa di Santa Maria di Provenzano, opera di fra Domenico Schifardini (1594).
Al periodo barocco risalgono invece: le chiese dei Santi Pietro e Paolo di Flaminio del Turco, di San Martino di G. Fontana e la Cappella Chigi in Duomo di B. Giovannelli. Al '700 risale infine la Chiesa di San Giorgio, opera di P. Cremoni.
La pittura senese trae le sue origini dall'arte miniaturistica esercitata nelle grandi abbazie benedettine del circondario. Furono gli influssi della pittura bizantina, mitigati soltanto a partire dal XIII secolo con alcuni spunti originali nell'impiego del colore. La prima opera datata senese è un paliotto della Badia Berardenga (oggi nella Pinacoteca), del 1215, dove il rilievo degli ornati si impone già come una caratteristica dell'arte figurativa senese. Fra i primitivi, la personalità più interessante è quella di Guido da Siena, del quale e notevole la grande Madonna del 1221 (oggi a Palazzo Pubblico).
L'influenza di Guido si farà sentire lungo l'intero arco del 1200 sino all'avvento di Duccio di Buoninsegna, che inaugura propriamente il periodo della grande fioritura senese, destinata a competere con quella fiorentina. L'opera principale di Duccio, la Maestà (1308-11), conservata nel Museo dell'Opera del Duomo, mostra la ricreazione personale di forme bizantine e gotiche, prese a modello successivamente da tutti i suoi seguaci e dagli esponenti della pittura senese anche più tarda. Tra i suoi discepoli o imitatori si annoverano principalmente: Segna di Bonaventura, Ugolino di Nerio, Niccolò di Segna.
Il preziosismo di Duccio acquista in raffinatezza e in freschezza coloristica con Simone Martini, la cui Maestà (1315), affrescata nel salone del Palazzo Pubblico, insieme con il celebre Guidoriccio da Fogliano (1328), rappresenta uno dei momenti più alti di tutta la pittura italiana di quel tempo. Simone Martini introdusse a Napoli e ad Avignone lo stile dei senesi ed ebbe in patria numerosi imitatori tra i quali Lippo Memmi, suo collaboratore in varie opere. Con Pietro e Ambrogio Lorenzetti la pittura senese acquista plasticità, soprattutto per l'evidente influenza di Giotto e dei maestri fiorentini.
Alla drammaticità di Pietro (Crocifissione nella Pinacoteca, Natività nel Museo dell'Opera) fa riscontro il temperamento più raffinato e ingentilito di Ambrogio, del quale ricorderemo gli affreschi Il Buongoverno e Il Malgoverno (1338-40), entrambi in Palazzo Pubblico, posti uno di fronte all'altro.
Nella seconda metà del secolo la pittura senese ebbe gran numero di maestri, che per lo più non seppero rinnovare il linguaggio dei loro predecessori. Fra questi, Lippo Vanni (opere in Duomo, seminario, Palazzo Pubblico), Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci, Luca di Tommè, Jacopo di Mino del Pellicciaio, Andrea di Bartolo, Paolo di Giovanni Fei. Nel secolo seguente le forme e i modi tradizionali vengono riaffermati senza sensibili variazioni del gusto e della tecnica, tanto che si rende evidente una fase di decadenza pittorica: la pittura fiorentina tende ad assorbire quella senese.
Artisti fiorentini si trapiantano nel Senese (Donatello e, più tardi, Piero e Antonio del Pollaiolo e Benedetto da Maiano); pittori senesi, attraverso i frequenti viaggi a Firenze, assorbono il contenuto innovatore di quello stile. A quest'epoca risalgono Giovanni di Paolo (i suoi dipinti si trovano nella Pinacoteca, all'Opera del Duomo, in Sant'Andrea, ai Servi e in Santo Stefano), Stefano di Giovanni detto il Sassetta, più lirico e contemplativo, Domenico di Bartolo, che sente l'influsso di Masaccio e di Domenico Veneziano (la Madonna del 1433 alla Pinacoteca, la Vergine al Refugio e gli affreschi nel Pellegrinaio dello Spedale di Santa Maria della Scala del 1440-44). E ancora: Sano di Pietro, Pietro di Giovanni e specialmente Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, pittore e scultore (affreschi nel Pellegrinaio del 1441). Pittore ancora finissimo appare Matteo di Giovanni, che ebbe contatti con Piero della Francesca, dal fine cromatismo e dai tratti leggeri (la sua copiosa produzione si trova sparsa ai Servi, in Sant'Agostino, San Domenico, alla Madonna delle Nevi, alla Pinacoteca).
Alla fine del secolo sono attivi: Benvenuto di Giovanni del Guasta e suo figlio Gerolamo, Neroccio di Bartolomeo Landi (scultore oltreché pittore), Francesco di Giorgio Martini. All'inizio del '500 sono attivi a Siena: il Pinturicchio (autore della Cappella Piccolomini in Duomo), Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, Baldassarre Peruzzi, nonché Girolamo del Pacchia, il Beccafumi, Ventura Salimbeni. Nel Sei e Settecento sono da ricordare: Rutilio Manetti (affreschi in San Bartolomeo) e il Nasini. Tra i pittori dell'800 infine: Franchi, Aldi e Maccari.
I primi rappresentanti della scultura senese si situano nell'XI e XII secolo; risulta che essi fossero costituiti in corporazioni, regolate con statuti particolari. Testimonianze di sculture in legno o in marmo di quel tempo si possono trovare nel paliotto del 1215 conservato nel Museo dell'Opera del Duomo e in alcuni capitelli della Cattedrale, ma i primi segni di una certa importanza si hanno solo con l'assimilazione dello stile imposto dalla scuola pisana.
Nicola Pisano fu chiamato nel 1255 a Siena per eseguire il pergamo del Duomo; suo figlio Giovanni vi soggiornò dal 1284 al 1299 per l'esecuzione della facciata.
Dei seguaci senesi che si formarono alla scuola pisana si citano principalmente Ramo di Paganello, Tino di Camaino, Goro di Gregorio, Gano e Lorenzo Maitani, Agnolo di Ventura e Giovanni di Agostino, uno dei maggiori artisti che contribuirono al rifacimento del Duomo. Nella seconda metà del XIV secolo sono attivi: Bartolomeo di Tommè, Lando di Stefano, Matteo d'Ambrogio (autori delle statue dei pilastri della Cappella di Piazza del Campo). Infine Giovanni di Cecco (sculture al Museo dell'Opera).
All'inizio del XV secolo, la scultura senese annovera: Jacopo della Quercia (autore della Fonte Gaia e della decorazione dello splendido fonte battesimale in Duomo), Domenico di Niccolò detto de' Cori (scultore in San Pietro a Ovile e Stalli del Coro del Duomo, ora al Palazzo Pubblico) e Francesco di Valdambrino (opere nel Museo dell'Opera del Duomo).
Determinante fu la presenza in città dei fiorentini Lorenzo Ghiberti e poi di Donatello e del Rossellino, che lasciarono numerose opere in città. Gli imitatori di Donatello furono numerosi: Urbano e Bartolomeo da Cortona (vedi l'altare della Madonna del Voto, 1451), Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta (statue dei Santi Pietro e Paolo per la Loggia della Mercanzia), Neroccio di Bartolomeo, Francesco di Giorgio (angeli bronzei sull'altare maggiore del Duomo, 1489), Antonio Federighi, Giacomo Cozzarelli. Nel Cinquecento è da ricordare principalmente Domenico Beccafumi, che fra il 1548 e il 1551 fonde i bronzi degli otto angeli portaceneri nel presbiterio del Duomo.
A cavallo fra il XVII e il XVIII secolo operò a Siena una famiglia di scultori di Cortona: i Mazzuoli, i quali lasciarono numerosi lavori. Nell'Ottocento furono preminenti Giovanni Duprè e Tito Sarocchi, di cui si ricorda il grandioso lavoro filologico di rifacimento delle statue della Fonte Gaia, ormai deteriorate dal tempo (tutte visibili ai piani inferiori dello Spedale di Santa Maria della Scala).